Torino, 18 dicembre, nebbia e aria da neve.
Vedo un uomo. Vedo i suoi piedi nudi, laceri, tumefatti. I suoi piedi…
“Finalmente sono qui…”
Piedi che vengono dall’Africa e hanno attraversato l’Europa,
rifiutati da un confine all’altro.
Piedi che hanno visto Trieste, ci ricordano passate guerre,
ma non abbiamo ancora compreso quanto l’odio tra fratelli
porti niente di buono per tutti
e faccia strage nella vita di ognuno.
Piedi anche italiani, che non si staccano da terra neanche di notte,
seduti in una sala d’attesa d’ospedale o in un dehor deserto.
Non c’è più famiglia, lavoro, non c’è più un documento anagrafico,
non c’è più neppure il sangue che circola nei piedi.
Piedi di chi cerca di donare ogni attimo della propria vita e non si ferma mai
neppure a Natale, anzi ancor più a Natale. E si continua anche se piedi, gambe,
tutto chiederebbe di fermarsi, ma la Carità chiama, urge
e la povertà dell’altro è il maggior peso, il maggior dolore.
Piedi nudi, piedi donati, piedi sempre belli della bellezza della dignità,
della bellezza di un volto che sorride e dice:
“finalmente sono qui, arrivato dall’Africa”
“finalmente sono qui, italiano non più straniero nella mia terra”,
“finalmente sono qui e sono qui per te”, come quei piedini scalzi, intirizziti
di un Dio Bambino nato in una stalla…
della bellezza di un volto che sorride e dice:
“finalmente sono qui, arrivato dall’Africa”
“finalmente sono qui, italiano non più straniero nella mia terra”,
“finalmente sono qui e sono qui per te”, come quei piedini scalzi, intirizziti
di un Dio Bambino nato in una stalla…
Piedi nudi alla ricerca di una nuova vita. Piedi nudi aperti alla Vita, sempre.
I Suoi piedi.